L'Autorità di bacino distrettuale o Autorità di bacino è un ente pubblico non economico istituito ai sensi dell'art. 63 del D.Lgs. 152/2006. L' Autorità di bacino, nell'ambito delle finalità previste dalla legge, volte ad assicurare la difesa del suolo, il risanamento idrogeologico, la tutela quantitativa e qualitativa della risorsa idrica, provvede principalmente:

  1. elaborare il Piano di bacino distrettuale ed i programmi di intervento;
     
  2. esprime pareri sulla coerenza con gli obiettivi del Piano di bacino dei piani e programmi dell'Unione europea, nazionali, regionali e locali relativi alla difesa del suolo, alla lotta alla desertificazione, alla tutela delle acque e alla gestione delle risorse idriche.

Dette competenze sono esercitate nell'ambito territoriale del distretto idrografico, identificato dalla legge quale area di terra e di mare, costituita da uno o più bacini idrografici limitrofi e dalle rispettive acque sotterranee e costiere che costituisce la principale unità per la gestione dei bacini idrografici. Il bacino idrografico è il territorio nel quale scorrono tutte le acque superficiali attraverso una serie di torrenti, fiumi ed eventualmente laghi per sfociare al mare in un'unica foce, a estuario o delta.


Il Distretto idrografico di competenza di questa Autorità di bacino è il distretto dell'Appennino Centrale di cui all’art. 64, comma 1, lett d) del d.lgs. 152/2006 ed è costituito dai seguenti bacini idrografici:

  1. Tevere, già bacino nazionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
     
  2. Tronto, già bacino interregionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
     
  3. Sangro, già bacino interregionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
     
  4. bacini dell'Abruzzo, già bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
     
  5. bacini del Lazio, già bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
     
  6. Potenza, Chienti, Tenna, Ete, Aso, Menocchia, Tesino e bacini minori delle Marche, già bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
     
  7. Fiora, già bacino interregionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;
     
  8. Foglia, Arzilla, Metauro, Cesano, Misa, Esino, Musone e altri bacini minori, già bacini regionali ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

 

Difesa del suolo

La tutela del territorio si realizza mediante la pianificazione di bacino che si estrinseca in un insieme di norme tecniche derivanti dalle discipline di prevenzione, di controllo, di contenimento o di superamento dei rischi conseguenti alla stagionalità dei cicli idrologici, al grado di stabilità dei
bacini imbriferi, agli usi plurimi delle acque.
La pianificazione di bacino ha carattere vincolante sia per le amministrazioni pubbliche sia per i soggetti privati che operano nel territorio al quale il piano di bacino di riferisce. La natura vincolante del Piano implica che ad esso devono uniformarsi tutti i piani e programmi di sviluppo socio-economico ed i programmi di uso del territorio predisposti dagli enti locali. In particolare:

  • le Regioni devono attenersi al Piano di bacino nella elaborazione e stesura degli obiettivi generali della programmazione economico-sociale e territoriale, sulla base dei quali stabilire la ripartizione delle risorse destinate al finanziamento del programma di investimenti di comuni e province;
  • le Province formulano e adottano il Piano territoriale di coordinamento ed i programmi pluriennali, di carattere sia generale sia settoriale, con i quali si attua il coordinamento delle attività programmatorie dei comuni, uniformando le proprie determinazioni con le previsioni e gli obiettivi del Piano di bacino;
  • i Comuni adottano le linee guida e le prescrizioni contenute nel Piano di bacino nella predisposizione della relazione previsionale e  programmatica allegata al bilancio. Il Piano di bacino diviene anche parametro obbligatorio nella predisposizione e adeguamento degli strumenti di pianificazione urbanistica a disposizione del Comune e nella elaborazione del programma triennale delle opere pubbliche;
  •  analogo adattamento deve essere operato dalle Comunità montane al fine della elaborazione dei propri piani di intervento;
  • la pianificazione di bacino, inoltre, costituisce il parametro di riferimento nelle azioni promosse dai proprietari privati delle aree inserite nell’ambito territoriale considerato ai fini della prevenzione del rischio idrogeologico. In particolare, l’inserimento delle aree private deve essere motivato e rispondente ad una istruttoria approfondita ed ad una analisi territoriale specifica che rispetti i principi generali dell’ordinamento amministrativo (parità di trattamento, buon andamento, ecc.). Il mancato espletamento di questa analisi potrebbe portare ad un trattamento vincolistico diverso per aree che in sostanza hanno caratteristiche omogenee, con conseguente possibile profilo di illegittimità.

 

Tutela delle Acque

L’Autorità di bacino elabora gli studi e le indagini propedeutiche alla redazione del bilancio idrico, con l’obiettivo di assicurare l’equilibrio fra la disponibilità di risorse idriche reperibili o attivabili all’interno del bacino ed i fabbisogni per i diversi usi. Nei piani di tutela delle acque, di competenza
delle regioni, sono adottate le misure volte ad assicurare l'equilibrio del bilancio idrico, come definito dalle Autorità di bacino, nel rispetto delle priorità stabilite dalla normativa vigente e tenendo conto dei fabbisogni, delle disponibilità, del minimo deflusso vitale, della capacità di ravvenamento della falda e delle destinazioni d'uso della risorsa compatibili con le relative caratteristiche qualitative e quantitative.
L’Autorità di Bacino, a norma dell’art. 7 c. 2 del R.D. 1775/1933, emette parere vincolante sulle domande di concessioni idriche relative sia alle grandi sia alle piccole derivazioni.

Data di ultima modifica: 26/06/2020
Data di pubblicazione: 16/05/2018